L'artista che ha dipinto il silenzio

 


(...) Vincenzo era un poeta. È dei poeti, infatti, dipingere il silenzio, la solitudine, l’assenza, chiudere il tempo e lo spazio nelle stanze della memoria o del sogno, vedere l’ombra dove gli altri vedono la luce e viceversa. È dei poeti credere che la bellezza cambierà il mondo.

Vincenzo era un poeta. Ha intinto il pennello nel magma dell’Isola, in quel patrimonio di sicilitudine che si è portato dietro e che ha fatto di lui un pittore visionario, onirico.

Vincenzo Sciamè è stato uomo di mare aperto sia nella vita che nell’arte, non si è fermato davanti al limite, ma è andato oltre, oltre la linea d’ombra, oltre il confine che si spalanca sull’inconoscibile. Anzi ha fatto di più: ha rappresentato l’altrove, lo spazio senza limiti, di là dal quale c’è sempre qualcos’altro, in una catena che ha inizio, mai però una fine.

I suoi palcoscenici sconfinati, senza sipari, né quinte, disseminati di simboli, - pietre di paragone dell’incommensurabile – ancorati a un pontile, c’interrogano sul senso della vita e della morte e sul destino dell’uomo. Non spazi raggelati, ma in divenire, vivi, palpitanti per qualcosa che si è appena concluso o per qualcosa che avverrà. Una metafora della vita che oscilla fra partenze e ritorni, velamenti e disvelamenti, tempo ed eternità.

Vincenzo, il tuo pontile ormai ha sciolto gli ormeggi, e tu navighi verso l’altrove, verso quella patria lontana alla quale, con la sua arte, tendevi. Per te, il mistero non ha più misteri. Noi, invece siamo diventati più poveri, perché quando muore un artista, muore anche una parte di noi. La migliore.

 

 

                                                                                                                              Licia Cardillo