DIALOGHI D'AMOROSI SILENZI
Dialoghi d'amorosi silenzi è il titolo dell'ultima produzione pittorica di Vincenzo Sciamè. Come per il passato, è ancora una volta un titolo unitario che va a commentare un periodo dell'attività dell'artista contraddistinto da una visione poetica unitaria. Come per il passato, il ciclo odierno rappresenta una continuazione ed uno sviluppo dei precedenti costituendone un'ulteriore costituzione. Se, infatti, le componenti caratterizzanti del "rosso", del silenzio e dell'oggetto isolato, tipici dei cicli più recenti, continuano a permanere come elementi peculiari del "racconto" pittorico, ad essi si vanno aggiungendo elementi nuovi e distintivi. I cicli Il pittore e le modelle, Bradisismo, Finzioni di rossi silenzi, Le ore dei desideri e Nelle stanze della memoria, rappresentano i canti di un poema unico in cui l'artista si interroga sul mistero della vita. E' tipica di Sciamè l'utilizzazione del dato naturalistico perfettamente riconoscibile non per ricreare il reale ma per definire una realtà altra quella che è al di là dalla fisicità. Metafisica, pertanto, è la sua ricerca che tuttavia usa mezzi espressivi assolutamente personali e difformi da quelli usati dalla Metafisica storica. Mentre Nelle stanze... gli oggetti raccontavano prevalentemente storie di abbandono e di rimpianto, fortemente legate ad un passaggio umano appena trascorso (pensiamo alla rosa, all'accendino e al capo di biancheria lasciati sul pavimento o ai letti abbandonati e disfatti) entro uno spazio prospetticamente scandito tra le quattro mura che, se non sempre esplicitate, erano comunque intuite, nel Dialoghi... lo spazio viene stravolto e gli oggetti assumono sempre più una valenza simbolica. Il primo piano corrisponde spesso all'ultimo mentre le pareti si aprono per lasciar entrare il cielo e il mare. Gli orizzonti si fanno mutevoli ed indefiniti con acque che vivono nell'alto e/o nel basso della tela e pavimenti che si fanno pareti. La presenza di oggetti esemplari, quali la perla e l'uovo, si accompagna agli oggetti fuori campo la cui presenza è esplicitata solo dall'ombra. Questa presenza intuita rafforza il connotato fantastico che aleggia in queste tele, ma non è fantasia toutcourt ma invito ad entrare nell'essenza più profonda delle cose per coglierne il senso altro. In quest'ultimo ciclo si riaffaccia la figura umana che si fa prevalentemente frammento fra gli oggetti. Particolarmente suggestiva e ricorrente è l'acqua, in questi oli, spesso riflettente intensamente il rosso che domina la composizione. E' un'acqua densa di misteriose ombre che sembra celare abissi imperscrutabili e oggettivare il mistero del tempo che passa. e altrettanto nuova tensione l'artista la riserva ai cieli, densi di nubi stratiformi a nascondere l'infinito azzurro che sovrasta, così che, come per l'acqua, il mistero dell'infinito sia poeticamente evocato. Dialoghi, dunque, questi di Sciamè tra entità relazionale tra di loro e sospese in spazi metafisici che esplicitano il senso effimero della vita stessa. Ma non c'è dramma, in tale visione, c'è la commedia umana, nell'accettazione del mistero ultimo. Non c'è, pertanto, stridore o conflitto tra le cose nè tra esse e lo spazio. Il tutto si pone in sospensione ed in attesa silenziosa, in quella relazione dialogica d'amore che è la vita illuminata dall'arte.
Stefania Severi